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È giusto trasferirsi all’estero e non pensare a genitori?

È giusto trasferirsi all’estero lontano dai genitori e non pensare a loro, se non per qualche chiamata, nonostante loro ti abbiano mantenuto e abbiano fatto tanti sacrifici per te?

Una volta, ai tempi anteriori e posteriori alle guerre mondiali quando la manodopera era precaria e le risorse limitate, era nella norma procreare per aumentare la forza lavoro.

I genitori letteralmente sacrificavano la loro vita per i figli o parenti. Mia nonna paterna aveva fatto solo la terza elementare in modo che i fratelli (maschi) potessero proseguire loro gli studi. I loro genitori non si potevano permettere di mandare tutti quanti a scuola. Parliamo dei primi anni ‘900.

Ai tempi odierni le risorse e le possibilità sono variegate. La condizione della donna (per quanto in Italia ancora antiquata rispetto al resto dell’Europa Occidentale) è migliorata (diritto al voto, autonomia lavorativa, libertà sessuale, libertà di scelta sentimentale, non hanno più bisogno di essere sposate per essere riconosciute in società).

Diciamola, la zitella può essere una personaggio interessante e fuori moda e non più esclusa e stigmatizzata come nel passato. Il mito della verginità è completamente desueto. E così via.

Sistema famigliare

E quindi il sistema famigliare si è radicalmente modificato, anche in Italia, paese più tradizionalista e di stampo cattolico. Si fanno i figli per variati motivi, ma non più tendenzialmente per avere qualcuno vicino nella vecchiaia.

Certo, non mancano i genitori frustrati che rimproverano alle prole di non essere stati desiderati, di aver fatto troppi, tanti sacrifici per loro e queste situazioni famigliari sono un po’ al limite.

Si tratta di genitori frustrati e con qualche disagio mentale legato alla loro vita (aspettative irrealistiche su se stessi, incapacità di amare appieno, incapacità di reggere le normali frustrazioni genitoriali e lo scorrere degli anni, competizione ed invidia con i propri figli, ecc).

I figli non chiedono di venire al mondo, non hanno la possibilità di scegliere di nascere; invece possono anche decidere di morire (sia letteralmente che dentro di loro, tristi, abbattuti, arrabbiati con il mondo) se si sentono rinfacciati e chiamati in causa a pagare il loro debito con i genitori.

I figli non sono merce, non sono servizi! Il rapporto genitore – figlio non è di tipo addebito – accredito!

Quando questo succede, state sicuri che gli stessi genitori soffrono di una malattia mentale. Un genitore depresso, frustrato, arrabbiato, invidioso, anaffettivo, esaurito dallo stress sarà sempre un pessimo genitore perché non ha la calma e la padronanza mentale per poter fare da guida ad un bambino in crescita.

Il genitore inutile

Un genitore che ha svolto bene il suo ruolo diventa INUTILE una volta il figlio diventato adulto, autonomo economicamente ed emotivamente dalla famiglia di origine, capace di prendere le proprie decisioni, avere anche dei valori personali propri, non più perfetta.

Cosa significa inutile? Che il figlio ce la fa da solo nel mondo e non ha più bisogno di mamma e papà come da piccolo, per ogni cosa.

Ora potrà chiamare a casa con maggiore calma, visitare di meno i genitori, conservare alcune informazioni solo per gli amici, colleghi, chiedere un parere ai genitori in base alla situazione (del tipo, papà voglio comprare casa, cosa ne pensi?) e non per ogni piccola cosa.

Quando negli Stati Uniti a fine anni 1950 gli psicanalisti hanno cominciato a lavorare con le famiglie, hanno notato alcuni copioni relazionali ricorrenti al loro interno. Per esempio, le famiglie invischiate, dove i confini personali, emotivi sono minimi oppure inesistenti.

Per fare una semplice cosa ci muoviamo in tre (io, mamma e il nonno), ci sentiamo tutti i giorni e più volte al giorno, si parla molto, in modo dettagliato, anche se non sempre si comunica chiaramente e direttamente.

Puoi dire tu a tua madre che stasera torno tardi? È solo un esempio di piccola triangolazione dove si passa per un terzo per dire qualcosa; dove non dico quello che penso per non fare stare male mia sorella.

Modalità relazionale simbiotica

La modalità relazionale è di tipo simbiotica, fusionale e chiunque all’interno della famiglia viola la regola implicita tutti insieme e vicini vicini e decide di andare all’estero, trasferirsi di casa, significa anche una rottura affettiva, accompagnata da angoscia, ansia, preoccupazione.

Diciamo che a prescindere, lo svincolo dalla famiglia di origine è complicato, un processo lungo di integrazione ed elaborazione di ciò che ero prima a casa con mamma e papà e ciò che sto diventando adesso, mentre sperimento la vita per conto mio.

  • Lo svincolo avvenuto è segno di grande salute mentale e libertà di pensiero e di agire.
  • Lo svincolo non significa solo indipendenza economica.
  • Lo svincolo significa soprattutto libertà di pensiero con i propri genitori, non provare più sensi di colpa, né di dovere nei loro confronti, rapportarsi con loro da adulti e non più da figli in cerca di approvazione o su piede di guerra.

Esistere come adulti ancora troppo appiccicati ai genitori come anche totalmente indifferenti a loro è segno di mancato svincolo da loro. È questo non lo dico io, l’hanno scritto prima di me, gli studiosi nell’ambito della psicanalisi e psicoterapia familiare, in particolare Murray Bowen che parla della differenziazione dalla famiglia di origine.

C’è anche da dire che molte persone non si sono realmente svincolate dalla famiglia di origine e questo non comporta necessariamente un disagio mentale. Si ricrea un nuovo equilibrio anche così.

È giusto, quindi, trasferirsi all’estero lontano dai genitori e non pensare a loro?

Ritornando a questa domanda, va bene pensare di meno ai genitori una volta trasferiti all’estero e chiamarli con tranquillità e affetto. Spesso sono i genitori stessi che non incoraggiano e ostacolano lo svincolo dei figli mettendo in mezzo le proprie fantasie irrisolte, le proprie angosce e paure, invece di sostenerli realmente e pienamente nell’autonomia.

Alcune volte si osserva l’ambivalenza, tra vai, mamma, non ti preoccupare, io sto bene seguito da somatizzazioni (malattie improvvise) e piccole innocue affermazioni, sospiri, occhi in alto, silenzi ecc..

Tutte cose che mantengono e aumentano la tensione emotiva, un clima incerto e agrodolce che di certo non è utile a nessuno, soprattutto al figlio che con fatica sta capendo e affrontando la SUA di vita.

[testo originale su it.quora.com]

Olivia Ceobotaru
info@oliviaceobotaru.com

Sono Olivia Ceobotaru, psicologa clinica. Lavoro sul tema dell’amore e delle relazioni per adulti, coppie e famiglie. Tratto con rispetto e leggerezza argomenti delicati come l’abuso, la violenza in generale, il trauma.

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